I segni della contraddizione

La pagina qui presentata è riferita soltanto al testo, naturalmente "in divenire" - che sta in rete nel formato htm come segnalibro (ora stimato in circa 460 kb) - dei segni della contraddizione, pubblicati su la Contraddizione (in ogni fascicolo inseriti accanto al sommario) a partire dal no.0 nel febbraio 1987. In questo formato, come per la "piccola enciclopedia marxista" del Quiproquo (circa 2,5 mb) - si possono anche cercare singole parole presenti nei testi con qualsiasi "motore di rierca", da poter così facilmente scaricare o stampare. Ovviamente, gli stessi testi, ma ognuno separatamente, si trovano anche in ciascun numero della rivista stessa. Qui si ripresentano tutti insieme per le ragioni di unitarietà spiegate nella presentazione originaria. Chiunque voglia fruirne, personalmente o per riferimenti parziali (del resto come per ogni altro scritto delle nostre pagine) può farlo, menzionando solo le fonti, sia informatiche sia cartacee.

Ma adesso, come avvertito anche altrove, oltre a questa forma di libello virtuale, è infine stata pubblicata altresì la versione a stampa per le edizioni la Città del Sole di Napoli. Di tale libro presentiamo qui appresso il prologo.

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I SEGNI DELLA CONTRADDIZIONE

una“costellazione di aforismi” per pensare e riflettere

 

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LA CITTÀ DEL SOLE

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in copertina: Paul Klee, I limiti dell’intelletto (1927)

per la Contraddizione la redazione dei testi è stata curata da Carla Filosa e Gianfranco Pala

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Prologo

 

Le numerose contraddizioni esistenti nella realtà in cui si vive – e che sono massimamente occultate proprio perché pienamente rispecchiate nell’ideologia del cosiddetto “senso comune”, attraverso il dominio incontrastato della comunicazione di massa – possono essere segnalate in varie maniere, anche occasionali e aforistiche. Karl Kraus fu maestro in questa forma di denuncia contro la “corruzione dell’opinione pubblica” – e noi abbiamo cercato di seguirne le orme.

Questo piccolo libro raccoglie, per l’appunto, una serie piuttosto articolata di siffatte denunce originariamente apparse, e utilizzate, come “segnalibro” per la rivista la Contraddizione. Dopo essere state presentate puntualmente per tutti gli anni in cui essa è uscita, fin dal suo numero 0 (febbraio 1987) , esse sono qui riproposte col medesimo atteggiamento critico che originariamente aveva guidato la scelta. Se si controllassero le date della loro prima pubblicazione, si potrebbe capire come, nella stragrande maggioranza dei casi, essi fossero riferiti per lo più agli eventi salienti del periodo a partire appunto da quel 1987, che ciascun aforisma rammemora.

Nella presente raccolta si seguono ragioni che consentono di raggruppare gli aforismi in base a criteri non cronologici, bensì concettuali; e che – come direbbe lo stesso Kraus – rappresenta quasi una “costellazione di aforismi”. L’intera presente collezione riporta dunque alla mente situazioni sociali del periodo in cui le diverse proposizioni furono prescelte, sottolineando un “ricorso storico” che ha del drammatico per la totale perdita di memoria da parte di masse ormai rese ignare. Pur essendo una miscellanea, sicuramente non esaustiva e abbastanza casuale, molte altre e diverse pagine, degli stessi o di diversi autori, avrebbero potuto trovare spazio come segnalibro mentre sono state stampate in altri documenti della Contraddizione stessa. Tale riproposizione, infatti, intende tanto riportare alla mente riflessioni in chi ha vissuto quegli eventi, quanto soprattutto indurle nei più giovani, costretti a ricorrere al pregresso ricordo altrui. Questo invito a una importante e non facile attenzione, ancorché resa più lieve dall’icasticità dei lemmi proficuamente identificabili isolatamente, può costituire un eccellente compagno di viaggio, nei propri spostamenti personali o come motivo di distensiva riflessione sull’esistente, da tenere a portata di mano.

I testi scelti sono di carattere e di stile assai vario, e comprendono pure qualche poesia o canzone. In genere tali testi sono, per così dire, “riscritti” ma solo attraverso un montaggio di parti liberamente collazionate, senza i puntini di sospensione richiesti dalle citazioni accademiche. Ciononostante sono tutti assolutamente autentici, escludendo così ogni possibile forma di apocrifia o plagio. I nomi degli autori sono riportati per indicare le fonti originali, autori ai quali pertanto si riconosce ogni merito dell’osservazione effettuata, da non ascrivere dunque ai curatori; naturalmente, a causa della riscrittura e del montaggio, qualche virgola o evidenziazione o sequenza delle frasi riportate risulteranno poste diversamente dall’origi­nale cui ci si riferisce [così come per le rarissime attualizzazioni, puramente esplicative, poste tra parentesi quadre quali note della redazione]. Per le medesime cause, nel pieno rispetto del pensiero dell’autore, in diversi casi è sembrato sufficiente indicare semplicemente, nello stile degli antichi classici fino al “vecchio cane morto” Hegel (che Marx rifiutava di considerare tale, e noi con lui), il nome dell’autore, semmai l’anno, e non la fonte originaria completa.

Ne risulta tutto quanto si richiede a un aforisma: ciò che importa è che esso offra l’occasione di pensare e ragionare. L’esempio forse più alto di ciò è dato da Bertolt Brecht con il libro cinese anticonfuciano Mo-di – detto delle “svolte” – di cui alcune poche sentenze sono state trasposte, così come molte altre “riscritte”, nel Me-ti; di esso Brecht medesimo dice: “da un punto di vista rigorosamente scientifico opere come il Libro delle svolte sono piuttosto sospette. Ma il lettore che si attenga più al contenuto che al suggello dell’autenticità leggerà il libro con profitto a onta dei suoi aspetti eclettici”.

Ogni segnalibro ha così rivelato il segno dei contenuti sviluppati nella rivista, intorno al tema portante della contraddizione del capitale. “Il segno – precisa infatti Hegel [cfr. Enciclopedia della scienze filosofiche, § 458] – è una certa intuizione immediata, che rappresenta un contenuto affatto diverso da quello che ha per sé: è la piramide, nella quale si è messa e si serba un’anima straniera. Nel segno come tale, il contenuto proprio dell’intuizione, e quello di cui essa è segno, sono indifferenti l’un l’al­tro”. Prosegue Hegel: “l’intelligenza – la quale come intuitrice produce la forma del tempo e dello spazio, ma appare come tale che accoglie il contenuto semplice e si foggia con questa materia le rappresentazioni –dà ora, dal suo seno stesso, alle sue rappresentazioni indipendenti un’esistenza; adopra lo spazio e il tempo riempiti, ossia l’intuizione, come sua, cancella il contenuto immediato e peculiare di essa, e le dà un altro contenuto come significato e anima. Questa attività creatrice di segni può essere chiamata principalmente la memoria produttiva; giacché la memoria, che, nella vita ordinaria, viene spesso scambiata e usata come equivalente col ricordo, e anche con la rappresentazione e l’immaginazione, ha da fare sempre solamente con segni”.

A mo’ di premessa – infine – si riporta il testo marxiano apposto sulla copertina della rivista la Contraddizione – che ripete sempre lo stesso “montaggio”, invariato fin dall’inizio [cfr. Karl Marx, Il capitale, III.15 (ii, iv), 51 (fine); Lineamenti fondamentali, q.VII, f.3; L’ideologia tedesca, I.2] – giacché esso ha rappresentato in generale l’anticipazione concettuale di ogni successivo “segnalibro”. È altresì ovvio che il concetto e il lemma stesso “contraddizione” rappresenti anche il “cominciamento” dialettico di questo stesso piccolo libro. Il montaggio dei testi marxiani, che furono posti sulla copertina della rivista, recita così:

La Contraddizione, esposta in termini generali è questa: il capitale è esso stesso la contraddizione in processo. Il capitale si manifesta sempre più come una potenza sociale – di cui il capitalista è l’agente – che ha ormai perduto qualsiasi rapporto proporzionale con quello che può produrre il lavoro di un singolo individuo; ma come una potenza sociale, estranea, indipendente, che si contrappone alla società come entità materiale e come potenza dei capitalisti attraverso questa entità materiale. La contraddizione, tra questa potenza generale sociale alla quale si eleva il capitale e il potere privato del capitalista sulle condizioni sociali della produzione, si va facendo sempre più stridente e deve portare alla dissoluzione di questo rapporto e alla trasformazione delle condizioni di produzione in condizioni di produzione sociali, comuni, generali. Questa trasformazione è il risultato dello sviluppo delle forze produttive nel modo capitalistico di produzione e della maniera in cui questo sviluppo si compie.

La produzione capitalistica racchiude una tendenza verso lo sviluppo assoluto delle forze produttive, indipendentemente dal valore e dal plusvalore in esse contenuto, indipendentemente anche dalle condizioni sociali nelle quali essa funziona; ma nello stesso tempo tale produzione ha come scopo la conservazione del valore-capitale esistente e la sua massima valorizzazione. Se il modo di produzione capitalistico è quindi un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono.

Ogni determinata forma storica del processo lavorativo ne sviluppa la base materiale e le forme sociali. Quando è raggiunto un certo grado di maturità, la forma storica determinata viene lasciata cadere e cede il posto a un’al­tra più elevata. Si riconosce che è giunto il momento di una tale crisi quando guadagnano in ampiezza e in profondità la contraddizione e il contrasto tra i rapporti di distribuzione e quindi anche la forma storica determinata dei rapporti di produzione a essi corrispondenti, da un lato, e le forze produttive, capacità produttiva e sviluppo dei loro fattori, dall’altro. Subentra allora un conflitto tra lo sviluppo materiale della produzione e la sua forma sociale”.

 

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